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TARSU. Due anni per il rimborso

Cassazione Tributaria sentenza del 24 marzo 2014

Annullata dal Consiglio di Stato la delibera comunale, il contribuente ha due anni di tempo per chiedere il rimborso della TARSU versata in eccedenza. È quanto ha chiarito la Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile –T, con l’ordinanza n. 6900/14, pubblicata ieri.

Il caso. Una SAS ha intrapreso giudizio per ottenere la restituzione di quanto pagato in eccedenza a titolo di TARSU, in virtù di una delibera comunale annullata dal Consiglio di Stato. La domanda della società è stata respinta sia dal Tribunale sia dalla Corte d’appello di Napoli per intervenuta decadenza dal diritto allo sgravio del tributo, essendo la relativa istanza pervenuta all’ente locale oltre il termine di due anni dall’indebito pagamento. Da qui il ricorso ai giudici di legittimità.

Istanza di rimborso fuori tempo massimo
. Investiti dell’esame della controversia, gli Ermellini hanno confermato il verdetto dei giudici di merito.

Per la Sesta Sezione Civile – T, il ricorso della società è infondato poiché i giudici di Palazzo Spada non hanno accertato la carenza del potere impositivo del Comune, ma unicamente l’illegittimità della delibera che incrementa la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. E, invero, un siffatto genere di pronuncia di annullamento da parte del giudice amministrativo non può che dare luogo a un caso applicazione dell’articolo 75 del D.Lgs. n. 507/93 che, al terzo comma, prevede che in ipotesi di tributo “riconosciuto non dovuto” il rimborso deve essere effettuato dal Comune a seguito di espressa domanda di rimborso del contribuente, da presentarsi entro due anni dalla data di avvenuto pagamento. Contrariamente agli assunti della ricorrente, dunque, non può farsi applicazione della disciplina generale in materia di ripetizione dell’indebito, ex art. 2033 cod. civ.

Sul punto gli Ermellini ricordano (cfr. Sez. V, sentenza n. 15840/2006) che nell’ordinamento tributario vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta (in specie, per i rimborsi di versamenti diretti attinenti alle imposte sui redditi, dall’articolo 38 del D.P.R. n. 602/73) o, comunque, in difetto, dalle norme sul contenzioso tributario (articolo 16, comma sesto, del D.P.R. 26 n. 636/72 e, ora, articoli 19, comma primo, lett. g), e 21, comma secondo, del D.Lgs. n. 546/92), regime che impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune.

In conclusione, la Suprema Corte respinge il ricorso della società. Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa.